
All’indomani della pubblicazione del fondamentale “Pet Sounds” (1966), escludendo l’attimo di risalita con l’hit “Good Vibrations”(1967), la popolarità dei Beach Boys andò in caduta libera. Considerati superati, fuori moda e scioccherelli al cospetto della nuova musica californiana (Grateful Dead e Jefferson Airplane in testa), il combo diretto dal geniale Brian Wilson sfornò a fine anni ’60 alcuni gradevolissimi e all’epoca snobbatissimi album di sapore pop-lounge che oggi possono fare la gioia di chi si ubriaca di Belle & Sebastian, Salako, Pearlfishers et similia.: “Friends” del 1968, è sicuramente il più riuscito del lotto. L apertura è affidata alla brevissima “Meant for you”, trentotto secondi di pura perfezione pop.Ray Davies dei Kinks ne farà un ricalco nella sua “Sitting in my Hotel” (dall’album “Everybody’s in Showbiz”, 1972) e sarà forse il primo, ma certamente non l’ultimo, ad attingere da questa miniera di delizie sonore. Fresco ed effervescente come un’aranciata tracannata a Ferragosto, il disco si snoda leggero tra piccoli affreschi naif e deliziosi acquarelli in salsa bossa nova come nella sorprendente “Busy Doin’ Nothin’”, una probabile confessione di Brian Wilson intorno al suo stato d’animo di quei giorni. Al Jardine e Mike Love danno una mano a Brian nella stesura di gran parte dei brani: giova ricordare che il maggiore dei fratelli Wilson nel 1968 versa in gravi condizioni di salute mentale, un lungo tunnel fatto di depressione e psicosi dal quale uscirà completamente soltanto nella seconda metà degli anni ’90. Il risultato di questa collaborazione è eccellente, “Be Here In The Morning”, divertente e scanzonata, ne è il migliore esempio. Non trascurate i Beach Boys post 1966!
(Mario Siccardo)