
Tra questi estremi di realismo spietato dei sentimenti e suggestione celeste delle melodie, troviamo le dodici canzoni che fanno il disco. Ballate sbilenche che portano alla mente la musica povera di Beck come l’estate infinita dei Beach Boys, tutte uscite dalla penna di “E”, centro nevralgico della formazione che comprende anche Butch e Tommy (rispettivamente, batteria e basso). “E” è quello che chiamiamo un “outsider”, un defilato; uno che investe il suo indubbio talento in gioielli piccoli e personali. L’umore di quest’esordio è un magico equilibrio d’intenti, una creatura multiforme che apre la scena a più livelli di lettura. Come gran parte delle opere d’ingegno veramente importanti, questo disco si può apprezzare solo per la sua bellezza (il ritmo, la melodia, gli accordi e gli arrangiamenti), oppure inserirlo in un contesto più ampio, più profondo, dove acquista mille sfumature e suggerisce al cuore mille spunti di riflessione, che, anche durassero lo spazio di un ritornello, restano comunque preziosi. (Marco Sideri)