
Disco storico questo, e per più ragioni. A cominciare da due nomi: David Thomas, poi Pere Ubu, e Stiv Bators, poi Dead Boys, e dai pezzi entrati nel repertorio dei due gruppi (“30 Seconds Over Tokyo” per i primi, “Sonic Reducer” per i secondi). Da non dimenticare poi che si ha tra le mani materiale rimasto inedito per quasi 30 anni. Non è definibile punk, se si pensa agli attuali esponenti del genere che, se eredi, hanno preso ben poco da Thomas, Bators e compari. E’ un disco che s’impone fin dal primo urletto di “Raw Power”, brano di prepotente impatto registrato nel febbraio 1975, con cui la band di Cleveland, onorando il proprio nome, fa capolino dalle tombe e rende omaggio al maestro Iggy Pop. Sono gli strumenti a fare da padroni qui, non il ritmo incalzante e “scatena ragazzini”, col quale, sovente, s’identifica il punk. L’assolo che chiude “So Cold” fa scivolare l’ascoltatore in un territorio di atmosfere ipnotiche e lo prepara a “30 Seconds Over Tokyo”, anarchica marcia trionfale. Meno cerebrali, ma tutt’altro che scialbi, i pezzi del luglio ’75, con la ballata rockeggiante “Amphetamine” e “Seventeen” che si presterebbe, magari con qualche rispolverata e accelerata al ritmo, a un’ottima cover in grado di far ballare anche i “panchini” che all’epoca non erano ancora nati. Disco completo di tutto, dunque, in primis di quell’alternanza di atmosfere propria dei concerti (sarebbe davvero straordinario avere a disposizione anche qualche documento video dei Rocket From The Tombs). C’è la sensazione di un viaggio in crescendo, direttamente sulle corde delle chitarre, sempre più rabbiose proprio nel congedo “Search & Destroy”, che non cala e non si calma neppure alla fine, suggerendo anzi un prosieguo nell’ultraterreno.
(Erika Furci)