Aveva dieci anni Javier Girotto quando, a Cordoba, si trovò tra le mani il vinile di Tango Nuevo, in copertina il grande baritonista statunitense Gerry Mulligan e il bandoneista Astor Piazzolla uno di fronte all’altro, a celebrare un incontro carico di implicazioni, per la storia delle musiche afroamericane distribuite su diversi rami dell’albero genealogico, com’è successo a jazz e tango. Il disco era del 1974, ed era stato inciso in studio a Milano, perché in quel periodo Piazzolla, notoriamente, viveva in Italia, dove il suo mantice di fuoco e intelligenza trovava spazio e libertà di azione. Quel disco viene ora ripercorso per intero (con qualche nuovo innesto, scelta coraggiosa) da Javier Girotto, il sassofonista e flautista argentino che in Italia è dal 1990, dove ha dato vita a innumerevoli progetti jazzistici, uno su tutti il formidabile quartetto Aires Tango. Dunque l’uomo giusto per affrontare il “nuovo tango” (uscito anche col titolo “Summit”) di Piazzolla e Mulligan, mettendo in conto il pianoforte di Alessandro Gwis dagli Aires, e il delicato ruolo di Piazzolla rilevato dal bandoneon di Gianni Iorio, già abituato a duettare con Girotto. Tra i massimi esperti del genere nella Penisola. Impeccabili le esecuzioni, precisando anche che l’imponenza del suono di Girotto, spesso di urticante forza espressionistica, è cosa assai diversa dal “colore” più tenue di Mulligan. (Guido Festinese)