Musica italiana
A bocce ferme, ora che anche la presentazione in negozio, con tanto di mascherine indossate, è diventata un ricordo piuttosto ironico, vale la pena di riprendere il discorso. Il 24 febbraio del 1980 del secolo scorso, quando ancora la musica non era un click su una tastiera e la soglia d'attenzione del pesce rosso, qualche secondo e poi si passa ad altro, Gli Scortilla si presentarono su un palco, al Ludrix Club. È passata molta acqua sotto il ponte, è passato anche il ponte, a dividere le sorti di Genova in due spicchi di comunità che, riuniti, non riescono più a farne una, è passato tutto. Non passa la memoria, per fortuna, nelle persone di Pivio e Marco Odino, che tornano con un vinile (più flexidisc allegato: diventerà, auspicabilmente, un “oggetto di culto”, come si suol dire) che torna a presentare quel nome importante: che a Genova significò amara, a tratti urticante riflessione su un decennio tumultuoso che si chiudeva, e uno infiltrato di acida disillusione che si annunciava. Chi ha amato le desolate atmosfere da fine di ogni mondo possibile della trilogia berlinese di Bowie, gli Ultravox e i Pil, chi ha sempre pensato che (anche) il gelido synth rrock avesse,omeopaticamente, il dono di guarirci dalla glacialità di un mondo ammantato solo di lusinghe commerciali orwelliane, e con l'anima svenduta oggi per un “like” in più, qui troverà (spietatissimo) conforto. Bentornati. (Guido Festinese)
In un mondo musicale dominato dalla superficialità degli ascolti, che ormai hanno il tempo d'attenzione di un clic sulla tastiera, e se quanto si afferra nei primi secondi non ha caratteristiche banalmente rassicuranti, tanto vale che si passi ad altro, i lavori di Barbara Rubin vanno difesi e diffusi come meritano: perché non sono merce deperibile, perché un ascolto distratto non è proprio possibile, con i suoi dischi. Che escono a intermittenze anche di molti anni, perché lo scadenzario lo detta l'ispirazione e la vita vera, non il mercato che ha bisogno di ninnoli ripetitivi. Barbara Rubin suona viola, violino, tastiere, chitarra, basso e batteria. E ha una voce stranita e affascinante che a molti potrebbe ricordare qualcosa di Kate Bush, un'idea di Joanna Newsom, un pizzico di Annie Haslam.
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