L’etichetta Candid nacque nell’agosto 1960 per iniziativa del critico Nat Hentoff; in poco più di sei mesi di vita produsse una trentina di album caratterizzati da un’assoluta libertà creativa. Anche l’allora trentaseienne Max Roach partecipò all’avventura con un disco che introduceva nella sua musica una dimensione politica che non avrebbe più abbandonato. Il 31 agosto riunì un gruppo con Booker Little alla tromba, Julian Priester al trombone, Walter Benton al sax tenore, James Schenck al contrabbasso, la moglie Abbey Lincoln al canto e solo nel celeberrimo brano d’apertura, “Driva' Man”, Coleman Hawkins, dal quale lo separavano giusto vent’anni. Ma per ‘Hawk’ l’età non aveva certo importanza come dimostra la perfetta e modernissima interpretazione della controparte maschile al grido rabbioso della Lincoln (i testi del cantante Oscar Brown jr sul tema della schiavitù).
“Freedom Day” dopo l’introduzione vocale vede invece sfilare nell’ordine l’energico Little (che morrà nel 1961 a soli ventitre anni), Benton e Priester. Chiude la prima facciata “Triptych: Prayer / Protest / Peace”, dialettico duo tra voce e batteria. Nella seduta del 6 settembre si aggiungono i percussionisti Michael Olatunji, Tomas du Vall e Raymond Mantillo: in “All Africa” la Lincoln declama i nomi delle tribù del continente nero, con il solo accompagnamento poliritmico delle percussioni; quando entra il contrabbasso di Schenck siamo già in “Tears For Johannesburg”, finale di un fondamentale capolavoro della storia del jazz con cui celebrare degnamente la recente scomparsa di uno dei maestri della batteria contemporanea. (Danilo Di Termini)
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