
Nel 2001 il duo di Detroit si è già conquistato una diffusa notorietà underground oltreché il gradimento del milieu intellettual-glamorous americano e sta gestendo il non facile salto di categoria verso la premier league dell’industria discografica (l’album sarà ristampato l’anno successivo dalla V2). E’ il momento in cui è facile sbagliare tutto e invece Jack White scrive qui le migliori canzoni del suo repertorio, perfetta fusione fra finta ingenuità intellettuale e autentico amore per la musica delle origini. E per origini non s’intende solo blues, country o il primo rock’n’roll, ma anche il duro riff fra Black Sabbath e Led Zeppelin di “Aluminum”, gli accordi da power ballad di “I Can’t Wait”, la melodia da cantautore sentimentale di “We’re Going To Be Friends” o i sussulti anfetaminici (anche questa è ‘tradizione’ rock) di “The Union Forever” e “I Think I Smell A Rat”. Detto così sembra facile, però il successivo “Elephant”, per quanto eccellente lavoro della maturità, non saprà essere altrettanto memorabile nella stesura delle canzoni (“7 Nation Army a parte, ovviamente). (Antonio Vivaldi)