
Gli Xtc rappresentano certamente un’isola poco esplorata nel vasto arcipelago del pop inglese; agli inizi, confusi nel bel mezzo della rivoluzione-involuzione del punk-rock, disorientarono parecchio la critica ed il pubblico, quando pubblicarono, nel 1978, due dischi, White music e Go2, entrambi nevrotici , obliqui e difficili da catalogare (tanto che in Italia il primo uscì con un vistoso adesivo con la scritta “Punk”). Tuttavia, in quegli album già s’intravedevano le evoluzioni della musica del gruppo guidato da Andy Partridge , chitarra, e Colin Moulding, basso. Dopo l’abbandono del tastierista Barry Andrews, sostituito dal chitarrista Dave Gregory, le melodie beatlesiane, unite a moduli ritmici innovativi e a testi ironici ed “intelligenti” acquistano forma ed energia in Drums & Wires (1979), ma è con il successivo Black Sea (1980) che si rivelano nel loro aspetto più smagliante.
Fin dalla copertina, i musicisti, vestiti da palombari, sembrano scandagliare le profondità di un oscuro oceano (una metafora della rozzezza del punk?) alla ricerca di suoni nuovi dal sapore antico, agendo come collezionisti di emozioni, moderni alchimisti sonori. Nel fitto programma del disco, prodotto ottimamente da Steve Lillywhite, spiccano l’attualissima “Generals And Majors”, marcetta anti militarista a proposito della facilità con la quale si decidono le guerre, l’ossessiva “Living Through Another Cuba”, dalle soluzioni ritmiche affini a quelle dei contemporanei Talking Heads, e la fischiettabile “Sgt. Rock (Is Going To Help Me)”, quasi una “Penny Lane” per gli anni ’80. In chiusura la cupa, misteriosa “Travels In Nihilon”, con il suo incedere apocalittico e inquietante, indica la via per le esplorazioni a venire. (Fausto Meirana)