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Jazz Recensioni GIORGIO LI CALZI - Organum
 

GIORGIO LI CALZI - Organum GIORGIO LI CALZI - Organum Hot

GIORGIO LI CALZI - Organum

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Titolo
Organum
Anno
Casa discografica
Dopo sette anni, ovviamente non di purgatorio ma di proficua attività, il trombettista torinese Giorgio Li Calzi torna con un proprio progetto, inaugurando la Fonosintesi, l'etichetta da lui stesso fondata di recente. Musicista raffinato, Li Calzi non è solo un eccellente solista alla tromba, strumento che ha cominciato a suonare (incredibile dictu) a partire dai venticinque anni, ma è anche un compositore elettronico pieno di gusto e capacità, abile costruttore di immaginifici mondi sonori. E però, è davvero Il suono sordinato della sua tromba, così simile a quello davisiano, unito alla liricità del suo fraseggio e alla qualità delle sue improvvisazioni tematiche, a colpire maggiormente chi lo ascolta, a lasciare una traccia profonda. In questo ultimo lavoro, come in una sorta di metaforica diafonia medioevale (l'organum appunto), Li Calzi è da una parte accompagnato da un manipolo di ottimi jazzisti, tra cui i chitarristi Roberto Cecchetto e Matteo Salvadori (da incorniciare il suo solo in "Poesia in forma di prosa"), e dall'altra dagli interventi di alcuni ospiti "virtuali", che con lui condividono la stessa passione per l'elettronica e i processi digitali. É il caso di Hayley Alker, meravigliosa cantante di Portsmouth (UK), conosciuta tramite myspace, di Thomas Leer, autore di album di culto nella new wave inglese tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80, dei Marconi Union di Manchester, grandi interpreti della contemporanea ambient minimale inglese, dei campani Retina.it, e del londinese Douglas Benford, tra i più quotati sperimentatori dell'attuale elettronica internazionale. Con loro fitto è stato lo scambio di file musicali da modificare e manipolare a piacimento da un capo all'altro dell'Europa. Il risultato finale è un'ammaliante e interessante sintesi, quasi un gioco di prestigio, tra jazz-rock contemporaneo, elettronica minimale, e trip-pop d'alta scuola (ma non solo). "Eyes Wide Open", secondo brano del cd, sembra una perduta session dei migliori Portishead di Beth Gibbons. Pregevole. (Marco Maiocco)

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