Buone notizie dal jazz ligure. C'è chi ha voglia di avventura sonora, muovendosi su quel crinale sottile fatto di azzardi e conferme, comunicativa e sintesi di diverse estetiche. Come il trombettista Andrea Paganetto, già attivo nel Free Area Quartet, e ora approdato al primo lavoro solistico con eccellenti compagni di viaggio. Matteo Anelli al contrabbasso, Daviano Rotella alla batteria, Mauro Avanzini al contralto, flauto e bansuri, il traverso indiano: tutti nomi che non hanno mai raccolto per quanto hanno seminato e per quanto meritavano. Paganetto è riuscito poi ad avere in studio Maurizio Brunod, il visionario chitarrista che da decenni lascia il segno nel jazz più disposto a mettersi in gioco e confrontarsi con la contemporaneità tutta, e Emanuele Parrini a viola e violino. Se c'è un nome che fa da nume tutelare a questo disco, potrebbe essere quello di Ornette Coleman, peraltro anche esplicitamente omaggiato nella settima traccia. Ma c'è anche tutta la lezione dei veterani dell'Art Studio, per restare in Italia, l'ombra di Kenny Wheeler, ed anche il ricordo di certe brucianti avventure elettriche di Rava di qualche anno fa. In definitiva: belli i temi, (finalmente) imprevedibili gli sviluppi, ottimi i musicisti, a partire dal titolare del disco, dotato di una sonorità luminosa e stagliata. Firma le note Javier Girotto. (Guido Festinese)