
E' con questa consapevolezza che Fabio Manganaro, direttore artistico dell'Associazione Culturale Jazzlighthouse di Genova, da tempo operante sul territorio genovese per diffondere e divulgare il verbo jazzistico, ha curato e pubblicato "A ritmo di Jazz" (Blu Edizioni, 2009): un'agile antologia di oltre ottanta fotografie in bianco e nero che immortalano un significativo numero di jazzisti chiamati a suonare negli ultimi anni, nelle più diverse occasioni, dalla stessa associazione. La collezione di fotografie è davvero apprezzabile, sia dal punto di vista artistico, sia da quello documentale, e merita senz'altro di essere compulsata con attenzione. Tra i fotografi coinvolti spiccano i nomi di Roberto Cifarelli, tra i più noti professionisti del settore, del genovese Alberto Terrile, esteta dell'immagine, di Gian Piero Corbellini e Massimiliano Farinetti, che hanno partecipato con il maggior numero di fotografie. Meritano una segnalazione speciale le foto dedicate a Cesare Marchini e Renato Sellani, in particolare quella che celebra il loro saluto, a Gianni Basso, recentemente scomparso, a Luca Begonia, Giampaolo Casati e Andrea Pozza, tra i migliori jazzisti genovesi e non solo, a Stefano Bollani, a Paul Jeffrey, e a Petra Magoni, che splendida apre l'intera compilazione. Per spezzare il ritmo, dato dalla continuità delle foto, o per crearne uno nuovo, le immagini sono intervallate da una serie di poesie in tema (circa una ventina) selezionate dal Festival Internazionale di Poesia: la più grande e prestigiosa manifestazione dedicata in Italia alla poesia, che Claudio Pozzani, sotto l'egida del Circolo dei Viaggiatori nel Tempo, organizza ogni estate a Genova dal 1995. Una scelta, quella di affiancare l'antica arte della lirica al jazz e al suo ritmo, certo non peregrina. Come musica della suggestione e dell'evocazione sinestesica, il jazz ha da sempre una sua forte connotazione e vocazione poetica. Non a caso è spesso valsa nella storia di questa musica la pratica del reading poetico con dialogico commento sonoro in un responsoriale confronto tra musica e poesia. E questo, almeno a partire da Langston Hughes (prima) e Amiri Baraka (poi), per fare solo due nomi senza addentrarsi in una complessa ricostruzione storica. Entrambi rapsodi, grandi esponenti di una letteratura nero-americana che proprio sul ritmo e la distribuzione degli accenti gioca da sempre gran parte delle proprie carte, deriva diretta dell'impianto tonale di molte lingue africane. Le belle poesie che costituiscono l'ossatura testuale di "A ritmo di jazz" riflettono tutte una dimensione profondamente intimista, sostando su quella sottile linea di confine che separa la malinconia dalla tristezza, l'intimità dalla solitudine. Il colore predominante è il blu, quello del blues, delle blue note, della sospensione tonale, della luce cadente del melisma. Più d'una lirica è dedicata a Miles Davis, musicista sciamano che, come nessun altro, ha costruito sulla suggestione e su una sorta di prestidigitazione l'ombrosa luminosità del suo mistero. "A ritmo di jazz" per chiudere è un piccolo intelligente volume, un breve libretto, uno scrigno leggero capace di custodire il peso della profondità dell'anima, potremmo quasi dire dell'insostenibile leggerezza dell'essere. (Marco Maiocco)