Secondo album per questa giovane formazione tuareg originaria di Kidal (Mali), remota località desertica sprofondata nel nord-ovest del Sahara. Un lavoro nuovamente prodotto da Chris Eckman, ex leader dei Walkabouts, che proprio in questi giorni è in uscita con un interessante nuovo progetto (L/O/N/G, "American Primitive"), ancora una volta targato Glitterhouse. "Toumastin", come il precedente e più riflessivo "Adagh", è un ottimo esempio di quel che accade quando gli africani si rimpossessano del blues, che nel "continente nero" affonda saldamente le proprie radici, mescolandolo all'impetuosa e liberatoria energia del rock. Come i conterranei e più affermati Tinariwen, infatti, i Tamikrest trovano nella musica il modo di affermare, valorizzare, veicolare con forza la propria identità culturale, così a rischio in stati nazionali, in cui il nomadismo tuareg viene continuamente osteggiato e discriminato. Formazione ampia, otto gli elementi che la compongono, i Tamikrest si segnalano per la splendida luminosità e riconoscibilità del loro sound, caratterizzato da un uso avvincente delle chitarre elettriche (ma anche acustiche), ruggenti e al contempo sognanti. In alcuni momenti sono addirittura quattro i chitarristi in azione, fenomeno insolito nella musica africana, in genere più portata (anche se meno in Africa dell'ovest dove primeggiano gli strumenti a corda) ad intrecciare ritmi e a intessere poliritmie. Il resto è affidato alle voci umane, alle inserzioni delle due coriste, spesso in forma antifonale, al lavoro della sezione ritmica (batterista e percussionista), e agli interventi di una nutrita schiera di musicisti aggiunti, tra i quali figura lo stesso Chris Eckman, impegnato all'organo in un paio di tracce. Undici brani in tutto, cantati rigorosamente e orgogliosamente in Tamashek, la lingua del popolo tuareg, a costituire un Cd che si presenta come un radioso viaggio in un desert-rock africano, a tratti riuscito amalgama tra i Crazy Horse più ipnotici e il blues di Sam "Lightnin'" Hopkins. Un album che, senza offesa per nessuno dei coinvolti nell'operazione, può davvero essere il disco per l'estate 2011, nel vero senso della parola. Solare. (Marco Maiocco)
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