La storia del rock qualche volta si diverte a flirtare con il destino, incorniciando in maniera particolare certi eventi. Succede ad esempio che nel '68, un cinquantennio fa, uscì il primo disco tributo interamente dedicato alle composizioni del songwriter che aveva saputo parlare a una generazione, Bob Dylan. Si intitolava “Any Day Now”, e fu un progetto di quella Joan Baez che proprio in questi tempi è tornata a farsi viva dagli studi di registrazione per un disco d'addio. Mezzo secolo esatto dopo, eccolo il flirt col destino: una delle più vibranti ed espressive voci della scena afroamericana, Bettye LaVette presenta al mondo il suo palpitante “Things Have Changed”, interamente dedicato al bardo di Duluth. Lei scalò le classifiche di rhythm and blues nel 1962, quando dunque Dylan faceva uscire il suo primo disco. Laddove la Baez era (ed è) tutta melodia nitida e vibrato a distesa, affrontando le magnifiche canzoni di Mr. Zimmermann, LaVette è il rovescio vocale esatto.
Gli anni hanno aggiunto al suo contralto scuro magnifiche impurità, rendendo il tutto più torbido e fascinoso, ma, anche, pregno di un languore che sembra arrivare dritto da New Orleans (peraltro qui rappresentata dal grande Trombone Shorty). Dall'immenso archivio dylaniano LaVette ha tratto dodici brani che coprono cinque decenni. Spesso estraendo gemme trascurate, ed evitando canzoni che sono diventate inni o materiale da antologia scolastica. Dunque niente “Blowin' in the Wind” e “Like A Rolling Stone”, largo però a “It Ain't me Babe”, che lei stessa dice di aver sentito particolarmente sua, spazio a pepite preziose minori come “Seeing The Real You At Last”, o “Going, Going, Gone”. Alle chitarre il dylaniano doc Larry Campbell, al basso Pino Palladino, e comparsata felice in due tracce per un motivato e divertito Keith Richards. Cosa volere di più? (Guido Festinese)