08 Agosto 2011
|Poiché l'estate è la stagione dei viaggi e dei sogni, lasciamo per una volta Via S. Vincenzo 20r e i mirabolanti personaggi che lo frequentano (v. le tre puntate precedenti) e proviamo a parlare del 'mondo visto da posti come Discoclub'. Per ogni appassionato di musica e dischi rock (e affini) i luoghi del mito sono essenzialmente due: Londra e 'l'America'. Lì si trovano i negozi che fanno dire: "Appena dentro mi sono sentito/a quasi male: c'erano TUTTI i dischi che volevo" (chi scrive ha sentito pronunciare la frase, quasi parola per parola, da almeno tre persone e ha avuto il medesimo pensiero in un paio d'occasioni).
Cominciamo da Londra (anche se quello nella foto a destra si trova a Cardiff ed è il negozio di dischi più vecchio del mondo - 1894). Va detto che in anni recenti le tariffe aeree low-cost hanno reso la capitale britannica molto più vicina sia come tempi e costi di percorrenza sia come 'concetto'. La maggiore facilità di raggiungimento ha significato però la perdita di gran parte dell'allure mitica della città.
Un posto dove puoi pensare di 'fare il weekend' come fosse Firenze o Torriglia non è più quello che negli anni '70/'80 si raggiungeva in 18-20 ore di viaggio. Eppure quel viaggio così lungo era parte integrante ed emozionate dell'esperienza, più vicino come idea e durata a un tratto di Grand Tour del 1820 che a un Ryanair del 2011: il Napoli Express notturno fino a Parigi, il traghetto da Calais verso le bianche scogliere di Dover (quasi sempre con la pioggia), l'arrivo a Victoria Station alle 5 di pomeriggio. Il tempo di depositare i bagagli e poche ore dopo, o la mattina seguente prestissimo, si era già da Virgin (R.I.P.), HMV o dal Rough Trade di Portobello con foglietto zeppo di titoli strettto in mano. Non esisteva la possibilità di andare Gian e vedere se era "arrivata l'Olanda" con i dischi ordinati via pc, non c'era Amazon e non c'erano nemmeno i download, ovviamente. Chi amava la musica folk, ad esempio, entrava da Colletts' o Dobells' (R.I.P. pure loro, ma questo è un altro discorso) con la lista dei desiderata irreperibili in Italia e li trovava quasi tutti. E non mancavano mai le scoperte, quelle che ti facevano sentire più figo quando tornavi in Italia: la vetrina di Rough Trade che pubblicizzava il primo album dei Lambchop come "un incrocio fra Leonard Cohen e Lee Hazelwood" (e ascoltandolo scoprivi che era vero) oppure un commesso che proponeva un ancora sconosciuto Elliott Smith.
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