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Miscellanea Articoli miscellanea ALBERTO BAZZURRO - Parlami di Musica (Editrice ZONA 2008)
 

ALBERTO BAZZURRO - Parlami di Musica (Editrice ZONA 2008) Hot

ImagePeccato che, come da note introduttive dello stesso Alberto Bazzurro, in una lontana notte del 1992 in quel di Bolzano il grande trombettista Don Cherry si sia letteralmente appisolato durante la conversazione, determinando così un classico caso di intervista interrupta. Se fosse andata a buon fine, la chiaccherata con Cherry avrebbe senz’altro arricchito queste già succose pagine, che racchiudono 26 interviste ai più svariati artisti (soprattutto jazzisti) raccolte dal giornalista musicale genovese in 25 anni di onorata carriera (in particolare come collaboratore dello storico mensile Musica Jazz). Un modo per festeggiare il lungo corso di una nobile attività che in Italia è difficile portare avanti con un minimo di dignità e tranquillità. Bazzurro è cronista scrupoloso, rigoroso, competente, con uno stile asciutto, secco, essenziale e tuttavia aggraziato. Se dovessimo fare paragoni con l’alta letteratura nostrana, potremmo parlare di un incontro tra la brevitas di Dino Buzzati e la leggerezza di Italo Calvino. Da sempre abituato a confrontarsi fino in fondo con tutte le espressioni musicali più forti, sentite, pensate, radicate nelle coscienze, Alberto Bazzurro si è dimostrato negli anni professionista serio, dall’approccio mentale curioso, aperto, capace di sintonizzarsi di volta in volta con i nuovi scenari di un mondo in continua evoluzione. “Parlami di musica” è lo specchio fedele di questo modo di affrontare le cose. Gli appassionati di jazz potranno trovarvi gustose interviste a Steve Lacy, Roswell Rudd, Roscoe Mitchell, Gato Barbieri, Gian Luigi Trovesi, Paolo Fresu e altri ancora, mentre i sostenitori della canzone d’autore e della musica popolare si troveranno a conversare amabilmente con Fabrizio De Andrè, Gino Paoli, Giorgio Gaber, Francesco Guccini, Astor Piazzolla e Giovanna Marini, solo per citare alcuni nomi. In fondo ad ogni intervista, tre sapienti consigli discografici da isola deserta.

 

Tra i molti aneddoti custoditi all’interno del libro, utili per tracciare mappe e ricostruire percorsi, ci piace raccontarne uno che ha per protagonista Steve Lacy e che racconta di una telefonata da lui ricevuta nel cuore di un’imprecisata notte del 1960 da un locale di Chicago. All’altro capo del filo c’è uno stupefatto Don Cherry che lo chiama per fargli ascoltare un indiavolato John Coltrane in una delle sue prime performance al sax soprano. Secondo lo stesso Lacy - il primo ad utilizzare il sax soprano nel jazz dopo le auree e ruggenti evoluzioni del jazzista classico Sidney Bechet - Coltrane sembra essersi avvicinato al mondo del cosiddetto sax “verticale” solo dopo averlo sentito suonare da Steve in un locale di New York a fianco del talentuoso Jimmy Giuffre: una rivelazione non da poco. L’agile e maneggevole volume conserva anche un saporito zuccherino per i fanatici del jazz-rock e di quel rock progressivo capace di strizzare l’occhio anche alle avanguardie contemporanee. Scrive Bazzurro nell’introduzione all’intervista con il pianista inglese Keith Tippett: “…… L’argomento è il ruolo da lui giocato per quelli della nostra generazione nel traghettamento dal pop al jazz. La sua partecipazione a tre consecutivi album dei King Krimson dei primi anni ’70, in special modo “Lizard” e “Islands”, ha segnato – e in una data percentuale determinato – quel passaggio, insieme con certi lavori coevi di altri gruppi inglesi un po’ fuori dagli schemi, tipo Soft Machine o Nucleus, che tuttavia per noi erano già “jazz”. I King Krimson no: facevano ancora parte del nostro background progressive. E che ci fossero il piano di Tippett, la tromba di Marc Charig, o il trombone di Nick Evans (strumenti, fra l’altro, questi ultimi due, di chiara marca jazzistica) doveva pur significare qualcosa: che esisteva un altro universo, più libero. Libero, soprattutto, di improvvisare, parola magica e terapeutica. E di lì all’approdo a Centipede, al Davis elettrico e poi a tutto il resto – in un viaggio a ritroso nella storia del jazz che è tipico, ancora una volta, della generazione di cui sopra – il passo è stato quanto mai breve ed eccitante.” Una fondamentale testimonianza, un’acuta riflessione che non potrebbe trovarci più in sintonia. “Parlami di musica”, insomma, non è solo un’antologia di interviste, per altro ben strutturata al suo interno grazie alla suddivisione in capitoli tematici, ma si offre anche come una sorta di breviario, di possibile vademecum, da leggere a più riprese, per orientarsi nel complesso e multidimensionale mondo della musica popular e nelle intricate ramificazioni della sua storia. (Marco Maiocco)

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