Le cose vanno più o meno così: Bill Evans con il contrabbassista Eddie Gomez e il batterista Jack DeJohnette il 15 giugno 1968 suonano al Montreux Jazz festival (di questo concerto esiste un disco pubblicato dalla Verve); tra il pubblico ci sono Hans Georg Brunner-Schwer e Joachim-Ernst Berendt, due appassionati un po’ particolari. Il primo, l’erede della famiglia che controllava la SABA, ha fondato una sua etichetta, la MPS: denota una certa capacità poiché i sei album incisi tra il 1963 e il con il trio di Oscar Peterson sono impeccabili sotto ogni punto di vista (così come accadrà per la registrazione completa del Clavicembalo ben temperato di Bach con Friedrich Gulda). L’altro è un giornalista, critico e scrittore, autore di un imprescindibile Jazz Book. Insomma, sono lì (beati loro) ascoltano il trio e decidono di portarlo in studio.
Cinque giorni dopo sono a Villingen, nel pieno della Foresta Nera: l’atmosfera (qui stiamo lavorando d’immaginazione) è rilassata, i tre sono perfettamente a loro agio e incidono ventuno brani, tra standard e originali. Brani che per motivi a noi oscuri sono dimenticati per quasi 50 anni fino a quando Zev Feldman della benemerita Resonance Records incontra a Brema un erede del buon Hans e gli chiede: “non è che per caso avete qualche inedito?”. E così ecco il doppio cd in oggetto (e anche un impeccabile e altrettanto doppio vinile). Ora sarebbe venuto il momento di parlare della musica: ma non siamo all’altezza. Preferiamo ascoltare in religioso silenzio. Senza parole. (Danilo Di Termini)