Bella storia davvero, quando il senso del passato non diventa passatismo, quando la memoria non è un fardello, per dirla con Harendt, ma una presenza forte che abita il presente con intelligente operatività. Tutto questo viene in mente ascoltando il suono glorioso degli Aksak Maboul belgi, che in Figures tornano con un doppio album capolavoro. Lo sappiamo, Aksak Maboul non è esattamente il primo nome che viene in mente a chi ha conosciuto, sfiorato o solo riscoperto, a posteriori, la grande stagione del rock progressivo più vicino a certe avanguardie, classiche o jazz. Motivo in più per l'approccio. Con un nuovo, sorprendente doppio cd che ha già fatto gridare al miracolo. Chi ha amato il suono complesso ed etereo al contempo dei tardi anni '70 del rock in opposition, quando i giochi si fecero duri davvero, e l'art rock conobbe una maturità mai più raggiunta, sappia che qui troverà un tesoro di spunti buoni per molte ore di puro incanto. Atmosfere stranite da Alice oltre lo specchio, la voce da sciamana inconsapevole di Véronique Vincent, tempi dispari e tastierine impertinenti, poliritmi e melodie incantate da canticchiare sotto la doccia che avrebbero fatto la gioia d Frank Zappa. Che bellezza. (Guido Festinese)